Saturday, August 29, 2009

Le Virtu' del Principe: Paragonando Machiavelli con Mansfield

If you are familiar with Italian, feel free to read this. Otherwise, please disregard, haha. It's my final essay/term paper for a class on Machiavelli. Basically, the paper discusses Machiavelli's work (The Prince)and compares it to Machiavelli scholar Harvey C. Mansfield's book "Machiavelli's Virtue", which is a deconstruction of the Machiavellian school of thought. This probably could've been a decent paper, had I actually read either book and had NOT written it the night before... haha.

ITL432
Fedi
10 Dicembre 2007

Le Virtù del Principe: Paragonando Machiavelli con Mansfield

Per questo saggio finale, ho deciso di leggere il libro Machiavelli’s Virtue scritto da Harvey C. Mansfield. Una delle ragione che mi ha spunto di scegliere Mansfield all’inizio è che dopo aver fatto qualche ricerca, ho trovato che lui è un’autore apparentemente conosciuto bene nel campo dei letterati come conservatore di estrema destra (ed io sono proponente della sinistra); quindi aspettavo di avrei trovato qualche esempi della sua ideologia con cui non concordarei. Invece dopo aver letto questo libro non sentivo così, e secondo me quella scoperta sottolinea il fatto che Machiavelli è stato così avvanzato politicalmente che lui ancora è affascinante per ognuno partita politico. In ogni caso, provavo di cercare qualcosa di spiegare o decostruire un po’ le opere dei due autori. Anche se il libro di Mansfield nella sua totalità critica tutte le opere di Niccolò Machiavelli, ho deciso ovviamente di concentrare sulla parte più adattata al testo dal Principe, e anche quei punti che riferiscono in maniera più appropriato con rispetto a ciò che abbiamo discusso in classe. In particolare, quando pensiamo delle azioni di una persona “Machiavellica”, che pensiamo (o, per far capire meglio, che pensa il pubblico in generale), e com’è una persona/un principe virtuoso? Machiavelli’s Virtue, come suggerisce il suo titolo, ovviamente focalizza sul concetto della “virtù”. Usando Il Principe come un guida ed un punto di riferimento, quindi ho provato di creare un paragone coeso fra le due opere.

Io credo che la maggior parte del pubblico imaggina che una persona che si utilizza le idealogie di Machiavelli di solito gode una grande misura di fortuna. Ma Machiavelli non pensa che “fortuna” porta lo stesso senso che “destino”, una cosa che magari pensiamo noi anche adesso. Invece, contrariamente ai pensieri di Aristotele (e gli altri pensieri classici dei morali e delle virtù) Machiavelli pensava che la “buona fortuna” è venuta considerata una dipendenza irrazionale sul caso ed eventi casuali. Quindi, la cosiddetta “virtù morale cristiana” è sempre perseguita dal moralismo che deve condurre gli aderenti alla deriva, sia come opera il mondo sia come funzionano i motivi dai loro azioni nel contesto politico” (Fuller 945). Inoltre Machiavelli credeva che la direzione (quindi il ‘leadership’) veramente efficace non è possibile senza il regno sopra la “fortuna” in se stessa, quindi l’autorizzazione in se stesso di essersi il proprio maestro del suo destino. Allora, Machiavelli utilizza il termine "virtù" come una descrizione delle qualità stimate di un principe, e come queste virtù vengono controllate ed usate in modo saggio di un principe.

Nel Principe abbiamo ventisei capitoli, nei quali potremmo vedere spesso il concetto Machiavellico della “virtù”. Mansfield, nel suo saggio titolare del libro, ci consiglia che la virtù di Machiavelli è “più ampia della virtù di tutti gli altri, perché mostra come la virtù di ogni persona ha il proprio senso nella schema di ogni persona” (Mansfield 5). Io ho analizzato solo i capitoli del Principe che, secondo me, mostrano meglio il concetto della virtù Machiavellica. L’autore Machiavelli, dedicando questa opera al nuovo “principe” Lorenzo de' Medici, ci ricorda che un vero principe viene apprezzato perché ha delle qualità positive ma anche ha la fortuna. Secondo Machiavelli, la virtù si rappresenta come una capacità fisico-mentale: l’intelligenza, il coraggio, ed il talento sono tutti qualità personale che sono necessarie come un mezzo per ottenere i fini.

Ho scelto qualche capitoli in cui c’è una manifestazione chiara della ideologia “Machiavellica” della virtù e della fortuna. Da qui cominciamo capitolo per capitolo a decostruire un po’ questi concetti, e poi paragonarli entrambi con quello che dice Harvey Mansfield, anche con le situazioni politici di oggi. Quel puno è importante nel senso che la virtù viene considerata strettamente collegata con i “fini”, quindi i “risultati”. Machiavelli non considerava la virtù nello stesso senso che la consideriamo oggi; la virtù, nel senso Machiavellico, non si porta un tono morale, ma invece viene considerata una necessità, un cosiddetto “mezzo per un fine”.

Discussioni della virtù Nel Principe

Capitolo I

Quando sta parlando dei principati, Machiavelli introduce due caratteristiche che determinano il destino di un principe: la fortuna e le sue abilità. Machiavelli dichiara che non ci vuole la virtù per ottenere un principato ereditario — perché un principe che ha le facilità ordinarie sempre tenerà il suo principato — però è necessario per acquistare un “principato nuovo”. Machiavelli dice che un principato ereditario viene amato con impunità, ed anche che i suoi sudditi sempre gli sentiranno affetto (anche se lui chiaramente ha dei vizi) (Machiavelli 17).

Capitolo III

In questo capitolo, Machiavelli ci consiglia che un principe stimato non deve essere indeciso di usare la forza o di andare in guerra, quando c’è una necessità. C’è una grande diffusione delineata in dettagli più specifici di questa ideologia fra alcuni altri dei capitoli del Principe, quindi di questo concetto parleremo di più.

Capitolo VI

Machiavelli scrive siccome è dificile che un cittadino privato diventa un principe, è possibile sia quel cittadino hanno delle abilità o della fortuna. Cita che Moisè, Ciro, Romulo, e Tesco sono esempi di ordinari cittadini che hanno ottenuto il loro successo perché riconoscevano le loro abilità e la loro “fortuna”, hanno visto un’opportunità e poi hanno agito (Machiavelli 104-105). Mansfield è d’accordo, diciendo che l’arte della guerra è così virtuosa che non solo mantiene quei principe che naquero come principi, però anche tante volte rende possibile che gli uomini della ‘fortuna privata’ potrebbero ascendere a quel rango” (Mansfield 45). In questo capitolo, comunque, lui anche ci dice che le persone che sono in opposizione al cambiamento sempre sono più apertamente critiche che quelle che beneficiano dal cambiamento, in generale. Infatti io non sono d’accordo con questa dichiarazione: come sia vero quando abbiamo cose come la rivoluzione francese, che è stata proposta di un sacco di gente molto rumorosi, tifosi del cambiamento. Le persone che traevano vantaggio da quel cambiamento ovviamente non erano molto rumorosi perché non volevano disturbare la vita gradevole che hanno goduto fino a quel momento. Machiavelli continua con un sostengo dell’uso della violenza, però negli esempi che io ho già proposto, non è sempre la verità. Quindi, come è visivo nel capitolo seguente, Machiavelli promuove l’uso della forza o della violenza.

Capitolo VII

Machiavelli esamina i due mezzi in cui un principe può ottenere potenza. In particolare: l’ascensione al potere soltanto con l’uso delle sue abilità (Sforza), e l’ascensione al potere a causa dell’eredità (Borgia). Anche se Borgia aveva le abilità formidabili e provava di fare tutto in modo corretto, tuttavia ha perso la sua potenza perché le circostanze esterne (quindi, “fortuna”) hanno colpito il suo regno. Le circostanze esterne si figurano spesso nella scrittura di Machiavelli perché si riflettono al principe o chiunque, e sono una misura del sua capacità di usare le sue qualità inerenti quando si sono confrontati con quelle circonstanze.

Capitolo VIII

Vediamo che questo capitolo è importante con rispetto al concetto della virtù perché qui quel concetto è molto diffuso. All’inizio, Machiavelli ci dice che la virtù o l’abilità non porta né fortuna né l’abilità (Machiavelli 118). L’abilità è più collegata alla potenza che la moralità; ma Machiavelli anche dice che un principe che ha guadagnato il suo potere per mezzi malvagi si rappresenta così. Come abbiamo discusso prima, Machiavelli promuove l’uso della violenza in certi casi; in questo capitolo, aumenta quella credenza, dicendo che l’uso della crudeltà è anche necessario. Quindi, possiamo vedere di nuovo il concetto della “virtù” implementato in situazioni cosiddette immorali, come violenza, o in quel caso, l’utilizzazione della crudeltà.

Capitolo X

In questo capitolo, Machiavelli ci mette in risalto il fatto che l’abilità di comunicare con e mettere in relazione il popolo è una virtù veramente indispensabile per un principe. Machiavelli ci mostra l’importanza del avere l’appoggio del popolo. In questo capitolo vediamo uno dei punti più notevole nel Principe in suo totalità, cioè che un principe non deve essere amato dalla sua cittadinanza, ma neanche deve essere odiato (Donno 47). Sempre parlando di Bush, Mansfield descrive l’avversione di Machiavelli per le virtù “straordianarie”, “eccessive”, o ‘”rare ed estreme” (Mansfield 15). Però nella presidenza di Bush (ed anche la dittatura di Kim Jong-Il) possiamo vedere questa “virtù” viene manifestata nel ruolo di “shock and awe”. Anche se il “shock and awe” è stato condennato da quasi tutti gli altri paesi del mondo, gli Stati Uniti hanno sostenuto il loro “principe”. Nel capitolo III, Machiavelli ci dice che un principe deve avere il coraggio da affrontare i problemi prima che la situazione diventerà fuori rimedio. Ripeto cosa che ho detto sopra, cioè che un principe non dovrebbe essere indeciso con l’uso della violenza o della guerra quando la situazione ci vuole o quando la situazione richiede un’azione così. (Donno 21-23). Lo stesso vale per la Corea del nord; anche se Kim Jong-Il sta minacciando il resto del mondo a causa del suo possesso delle armi nucleare, e tutto il resto del mondo vede lui per il dittatore che è, ancora i paesani lo sostengono. Un principe con la vera virtù (almeno, nel senso Machiavellico) non dev’essere sempre amato, ma in qualsiasi caso sempre sarà rispettato.

Capitolo XIV

Una delle caratteristiche più considerevole di un buon principe è il suo impeto per fare la guerra o la violenza. “I veramente virtuosi non sono meramente buono nel senso generale; essi mantengono la loro concentrazione sulla “virtù vera” ed anche le concrete necessità che sono importante in qualsiasi età (Fuller 945)”. Anche se la sua patria sta godendo un periodo pacifico, il principe con la vera virtù deve concentrare tanto più sugli esercizi militari (Donno 60). Un principe che utilizza l’arte della guerra sia mentalmente sia corporalmente sarebbe sempre preparato per prevalare quando verrebbe la “fortuna” sfavorevole. In questo capitolo vediamo un esempio in cui la “virtù” diventa una scelta deliberata, anche se include la violenza (cioè normalmente considerata immorale o amorale) come un mezzo per i fini. “La moralità deve venire interpretata ‘secondo ai tempi’ così come se i tempi sono moralmente corrotti, una persona si è costretta a vivere e comportarsi in modo corrotto, quindi viene moralmente esonerata per aver comportarsi in quel modo” (Mansfield 10). Insomma, questa virtù viene applicata per prendere la “fortuna” di un principe, in un modo attentamente costruito.

Capitolo XV

La definizione della virtù rappresentata in questo capitolo secondo me è una delle più diciamo “Machiavelliche”, quindi è indicativa ciò che forma la base delle credenze dell’autore. Machiavelli ci consiglia che un principe non sempre può avere tutte le qualità (virtù) buone; invece le qualità buone infatti non sono così se si risolvono nella rovina dello stato. Lui continua a consigliarci che in più, un buon principe non deve preoccuparsi si non può evitare completamente i vizi, inoltre non deve essere preoccupato se acquisisce una reputazione per i vizi senza cui la salvazione del suo stato sarebbe improbabile (Donno 62). “Per creare un contrasto fra la virtù ed il vizio, il principe deve practicare entrambi; questa idea significa propriamente “l’uso della virtù” (Mansfield 19). C’è una necessità di assumere la sua potenza, e poi usarla come è necessario per ottenere i fini desideri. In questo capitolo quindi possiamo dedurre che le uniche virtù che sono “utile” sono soltanto quelle che possono essere benefiche per la manutenzione ed il successo dello stato; siamo presentati con la credenza di Machiavelli che propone che non c’è virtù senza vizio, ed anche in tanti casi la virtù ed il vizio diventano la stessa cosa. In questo capitolo, vediamo chiaramente l’ideologia Machiavellica in cui la virtù diventa uno strumento per raggiungere gli scopi su grande scala.

Capitolo XIII

Nello stesso stile del capitolo che ho analizzato sopra, Machiavelli di nuovo ci presenta con l’argomento che la virtù ed il vizio, per un principe stimato, sono inestricabili dall’uno all’altro. In questo capitolo Machiavelli ha sdegno per la virtù dell’onestà. Ci dice che l’onestà sarebbe importante in un mondo in cui tutti le persone sono oneste; vale a dire quindi che l’onestà non vale niente in un mondo così realistico. Siccome gli uomini sono disonesti in modo naturale, il principe deve usare l’atto dell’inganno per beneficiarsi. Infatti ho scritto un saggio recentemente per i GRE (Graduate Record Examination) su questa idea; il tema era qualcosa come “È necessario essere onesto per gli uomini politici?”, ed io ho spiegato practicamente la stessa idea nel mio breve saggio. Infatti, mi sentivo rasserenata di aver preso questo corso, altrimenti non avrei avuto saputo nemmeno una cosa da scrivere. In ogni modo, Machiavelli continua a spiegare che un principe stimato deve avere delle caratteristiche della volpe e del leone. Lui ci dice che non è importante avere in attualità le qualità virtuose, ma invece solo la “sembianza” di avere queste qualità è la caratteristica importante. La cittadianza generalmente giudifica una figura politica sulle apparenze esterne; ma secondo un vero e stimato principe, dice Machiavelli, i “mezzi” vengono giustificati finché i “fini” riescono in modo favorevolmente.

Capitoli XXII-XXIII

In generale, il pubblico stima la saggezza di un principe per la sua scelta dei ministeri e dei consiglieri. Ci sono tre “generazioni cervelli: l’uno intended a sé l’altro discerne quello che altri intende, el terzo non intende né sé né altri (Machiavelli 181)”. Quei tipi di “generazioni cervelli” vengono considerati così: “Il primo è della eccellenza più alta, il secondo è eccellente, ma il terzo non vale niente” (Donno 87). Un principe deve avere almeno la capacità di capire quello che pensano gli altri, e deve scegliere i ministri che mettono gli interessi del principe prima dei loro interessi. Vediamo il caso di George W. Bush, per esempio, o Kim Jong Il, il dittatore di Corea del Nord. Hanno i ministeri che vogliono mettere gli interessi del “principe” sopra i loro interessi; ma allo stesso tempo, ovviamente non mettono consigli giudiozi. Perché “la virtù in se stessa non è mai vista a causa deii compimenti, però è sentita con l’elogio....la virtù non è mai “virtù” in se stessa; sempre deve essersi per l’interesse di qualcosa d’altro; il suo scopo è l’acquisizione” (Mansfield 13). Il principe deve practicare la “virtù” del discernimento con rispetto ai suoi ministeri quando ha a che fare con i rapporti internazionali, per esempio. Tutto il resto del mondo non è d’accordo con quello che i leaders di queste due nazioni fanno o dicono... almeno il pubblico pensa che loro sono un po’ confusi.

Finalmente, vediamo di nuovo l’opinione Machiavellica con rispetto a virtù e fortuna. Anche se Machiavelli ha lodato e rispettato Cesare Borgia per aver avuto tutte le qualità necessarie per proteggere l’Italia dai Barbari, quello incarico non è completato (a causa di una svolta della “fortuna”). Come abbiamo discusso in classe, il concetto di “qualità versus fortuna” è lo seguente: il vero principe usa le sue qualità per formare ed assicurare la sua fortuna. Non è prudente aspettare la fortuna e le circostanze esterne, invece, se è possibile, la creazione deliberata di una “fortuna” ha il successo ed è molto più utile. Secondo Machiavelli dell’età, l’Italia sta aspettando un nuovo principe che avrà le abilità (assieme con la fortuna) di cogliere successo. Machiavelli crede che la patria d’Italia manca un leader così accreditato; secondo lui, la virtù ha bisogno del vizio, ed anche se la virtù sirve come un guida, quindi le due vengono inseparabile. Quando parliamo della virtù, abbiamo imparato che “la necessità prima è un sostegno della virtù, poi diventa una condizione della virtù, poi diventa un produttrice della virtù, e finalmente diventa una virtù in se stessa” (Mansfield 15). Allora, come abbiamo visto, è necessario per un principe di mettere insieme la virtù ed il vizio, per ottenere i fini che sono più utili o benefici. In una società dominata dalle azioni cattive, l’idea di “virtù” diventa l’atto di perdere ciò che è stato considerato “dovere” e poi impiegare ciò che è necessario ai fini di venire trionfante. Infatti la “virtù” di Machiavelli è essenzialmente il controllo sopra la fortuna ed il destino di chiunque, nonostante “i mezzi” per ottenere i fini.




Works Cited

Fuller, Timothy. “Machiavelli’s Virtue”. American
Political Science Review: 91.4 (1997): 944-945

Machiavelli, Niccolò. The Prince. Translated by Daniel
Donno. New York: Bantam Books, 2003.

Machiavelli, Niccolò. Il Principe. Milano: Biblioteca
Universale Rizzoli, 1997.

Mansfield, Harvey. Machiavelli’s Virtue. Chicago:
University of Chicago Press, 1998.

No comments:

Post a Comment